Vedere un mondo in un grano di sabbia, E un cielo in un fiore selvatico, Tenere l'Infinito nel palmo di una mano, E l'Eternità in un'ora.

William Blake

martedì 11 marzo 2008

I Custodi del Tempo in download gratuito!!

Da oggi è possibile scaricare gratuitamente il libro I Custodi del Tempo direttamente da questo link:

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Buona lettura!

PS: Sono ovviamente graditi commenti alla lettura.

venerdì 22 febbraio 2008

Dialogo surreale tra Nietzsche Jung e Einstein sul tempo

Tratto dal libro “I Custodi del Tempo” Capitolo 41 pag. 300 - 309

[….] Isobel Morrison si guardò intorno. Non c’era nessuno. Poi, d’un tratto, dal limitare della foresta si staccò un‘ombra che iniziò a camminare nella loro direzione: era un uomo dall’andatura dinoccolata, la corporatura tozza. Mentre si avvicinava la luna illuminò il suo viso: due enormi baffi incorniciavano un viso paffuto mentre due sopraccilglia cespugliose contornavano gli occhi miopi e profondi. Sembrava…. Non ne era sicura ma dalle foto che aveva visto su dei libri le pareva di riconoscere Nietzsche.
“Non è possibile” sussurrò a se stessa Isobel. Eppure la somiglianza era incredibile. Quando fu vicino a lei e Anrham l’uomo fece un profondo inchino, prese la mano di Isobel e con modi affettati ma cortesi gliela baciò garbatamente.
“Il professor Friedrich Nietzsche è lieto di fare la sua conoscenza, Miss Morrison”
Dunque non si era sbagliata. Isobel si sfregò gli occhi. Il grande filosofo era innazi a lei.
Ad un tratto Nietzsche si girò alla sua destra e disse “Ecco che arriva il professor Jung, in ritardo come al solito..”
Dal lato della radura dove Nietzsche aveva volto lo sguardo avanzava una persona, i capelli bianchi, i baffi minuti e ordinati. Arrivato sotto la folta chioma dell’albero fece un cenno a Nietzsche e, stringendo la mano a Isobel, le disse reclinando leggermente il capo “Lieto di fare la sua conoscenza Miss Morrison. Mi chiamo Carl Gustav Jung” .
Isobel guardò Anrham stupefatta. Anrham le rispose con un ampio e sereno sorriso.
“Ecco che sopraggiunge Albert” disse Jung “Anche oggi in ritardo eh, come ieri sera del resto.”
“Nel mio sistema di riferimento il mio tempo è assolutamente puntuale” disse l’uomo facendo seguire quella frase da una allegra risata mentre giungeva sotto la chioma dell’albero. Isobel riconobbe subito gli strambi capelli e lo sguardo acuto di Albert Einstein. Si avvicinò a lei dopo aver salutato con una pacca sulla spalla Jung e Nietzsche e le strinse vigorosamente la mano.
“Lieto di conoscerla Miss Morrison. Noi tutti facciamo il tifo per lei.”
Isobel era incredula: innanzi a lei stavano il più grande scienziato del ventesimo secolo, il più grande psicologo e uno dei massimi pensatori della storia.
“E’ impossibile” sussurrò appena.
“Impossibile?” disse Nietzsche che era il più prossimo a lei e l’aveva udita “Sì, anch’io se fossi in lei penserei la medesima cosa, e io in quanto lei ora la sto pensando, ma in quanto me sono alquanto restio a definirmi impossibile.”
“Non incominciare Friedrich” lo interruppe Jung“ l’esperienza che Miss Morrison sta vivendo va rispettata sia nei tempi che nei modi di percezione. E’ già abbastanza confusa…” e con un ampio sorriso le accarezzò il volto.
“Questo perché è ancora convinta di essere intrappolata nello spazio tempo. Ma se la sua mente scioglierà i vincoli un sorriso eterno le si stamperà sul viso.” puntualizzò Einstein.
“Non è facile” disse Nietzsche ”si rischia di finire per abbracciare cavalli, non che sia una cosa detestabile in se anzi, l’immedesimazione con il prossimo, con l’altro è quanto di più divino possa sperimentare l’uomo, ma è pericoloso tentare da soli, non con tutto il mondo che ti richiama all’ordine, al suo ordine. Mi dia retta Miss Morrison ascolti chi ha vissuto sulla sua pelle la lacerazione tra il sentirsi tutto e il vedersi singolo: ascolti ciò che sentirà da questi tre buffoni come si ascolta una canzone, memorizzando le note in modo che le risultino famigliari ma senza aggiungere ad esse alcun pensiero o… sprofonderebbe con esso. “
Jung guardò Nietzsche e fece un cenno di assenso con la testa.
“Dunque, dove eravamo rimasti?”chiese Einstein.
“Alla luce” disse Jung.
“Sì, giusto, tendo a dimenticarmene. Non fa piacere a nessuno ricordare i propri errori”
“Non sono errori Albert” lo interruppe Jung ”sono approssimazioni necessarie quando si prendono in considerazione solo alcuni aspetti della realtà ma non la realtà nella sua intera complessità.”
“Va bene, va bene” riprese Einstein ”Dunque stavamo parlando dell’eternità della luce, della sua eternità rispetto a se stessa e Friedrich aveva osservato che…”
“…avevo osservato che se la luce è eterna a se stessa ovvero che per essere eterni con essa bisogna muoversi alla sua velocità stiamo cadendo in un concetto autoreferenziale. La luce è eterna alla velocità di se stessa è una affermazione autoreferenziale, una tautologia perché si dimostra in se stessa: è simile alla famosa storiella del barbiere: lei la conosce signorina?”
Isobel fece cenno di no con la testa.
“E’ presto detta: un villaggio ha tra i suoi abitanti uno ed un solo barbiere, uomo ben sbarbato. Sull'insegna del suo negozio è scritto "il barbiere rade tutti - e unicamente - coloro che non si radono da soli". La domanda a questo punto è: chi rade il barbiere? La risposta che siamo portati naturalmente a dare è "il barbiere si rade da solo". Ma in questo modo violiamo una premessa: il barbiere rasandosi non raderebbe unicamente coloro che non si radono da soli. Allora viene spontaneo il pensare che il barbiere sarà raso da qualcun altro, ma ancora una volta si viola una premessa: che il barbiere rade tutti coloro che non si radono da soli (per dirla in altre parole, il barbiere se si rade da solo non dovrebbe radersi, se non si rade da solo dovrebbe radersi). Eppure il barbiere è ben sbarbato...”
Isobel guardò Nietzsche con aria interrogativa.
“Lo stesso si ha quando affermiamo che la luce è eterna in un sistema di riferimento creato da se stessa. E’ eterno solo ciò che viaggia alla velocità della luce. Ma per chi è eterno? Per chi osserva e giudica da un sistema di riferimento esterno rispetto a quello della luce. La luce non percepisce la sua eternità. Chi è eterno non sa di esserlo e continua a percepire un tempo proprio.. ”
“Forse stiamo osservando il problema dal punto di vista sbagliato” disse Jung. “In fondo noi siamo fatti di luce, io vedo lei Miss Morrison, e Albert me lo può confermare, in quanto la mia retina interpreta i fasci di luce che provengono da lei e si imprimono in essa. Quindi da un certo punto di vista noi siamo luce.”
“…ma noi non viaggiamo alla velocità della luce. Quindi noi non possiamo essere eterni, almeno dal punto di vista puramente fisico.” disse Albert.
“E perché mai?” chiese Jung
“Perché ci è impossibile, almeno per ora, viaggiare a trecentomila chilometri al secondo!” disse Einstein spazientito.
“Ma abbiamo appena detto che se anche fossimo eterni non ne potremmo essere consapevoli perché continueremmo a percepire uno scorrere del tempo anche se per un osservatore esterno il nostro orologio risulterebbe fermo.” replicò Jung.
Einstein scrollò le spalle spazientito
“Ascoltami ancora un attimo” continuò Jung “prendiamo un fotone, la particella elementare che costituisce la luce; il fotone, essendo luce, viaggia per definizione alla “velocità della luce”. Facciamo questo esperimento mentale: immaginiamo di poter vedere un fotone e, con un grosso sforzo, di poter vedere anche il suo orologio e quindi di poter registrare il suo tempo: se noi riuscissimo a fare ciò, per tutto quanto ci siamo detti prima dovremmo osservare le lancette del suo orologio ferme. Per noi che lo osserviamo quel fotone ha tempo uguale a zero: per noi il suo tempo non scorre, mentre se lui, il fotone, si guardasse l’orologio vedrebbe le lancette muoversi normalmente: avrebbe un suo tempo proprio. E’ corretto?” chiese Jung rivolgendosi a Einstein.
“Corretto.” rispose il fisico.
“Bene. La domanda allora è questa: che fine fa il fotone se è senza tempo e quindi eterno? Io dovrei vederlo per sempre, giusto? Quindi se quel fotone è emesso dall’accensione di una lampadina, dove finisce quando io la spengo? Quel fotone dovrebbe rimanere in eterno…”
“No, prima o poi incontrerebbe qualcosa, un oggetto o altro, dal quale può venire assorbito, riflesso, trasformato in calore..” rispose Einstein.
“Un attimo: non può esistere un prima o poi se parliamo di un fotone a tempo zero. Per lui il tempo non scorre e quindi non può esistere passato ne futuro…” chiosò Jung.
“Ma da ciò a dire che noi siamo eterni ce ne passa!” disse Einstein con una certa insofferenza.
“Ma perché vediamo lo spegnersi e l’accendersi della luce? Quella luce dovrebbe essere eterna, ogni fotone emesso dovrebbe esserlo. Eppure noi vediamo la luce accendersi e spegnersi. Seguendo il ragionamento, l’unico modo che noi abbiamo di percepire un tempo diverso da zero per il fotone sarebbe quello di muoverci solidalmente con lui alla sua velocità” riprese Jung.
“Carl ha ragione.” intervenne Nietzsche “Delle due l’una: o qualcosa non funziona nella tua teoria o, per percepire lo spegnimento della luce e quindi la sparizione di un fotone che dovrebbe avere tempo uguale a zero noi dobbiamo essere ad esso solidali e quindi muoverci alla sua velocità: solo in questo modo vedremmo il suo tempo scorrere e potremmo percepire eventi come lo spegnimento della luce o la sua interazione con un altro oggetto. In altri termini dobbiamo essere eterni anche noi!”
“Non diciamo eresie! Lo ripeto noi non viaggiamo alla velocità della luce!” Einstein sembrava nervoso…
“Albert, che velocità ha un pensiero?”chiese Nietzsche.
“Non incominciare di nuovo con questa storia del pensiero. Il pensiero non è un oggetto fisico, non posso dargli un luogo nello spazio e un tempo nel tempo..”
“Però io dico: ora penso questo, e il mio pensiero porta a un’azione che può portare a una modifica nel campo fisico” continuò Nietzsche” e quindi il pensiero può essere fisicamente rilevante, così come lo è l’osservatore sul fenomeno osservato”
“Non incominciare con la teoria dei quanti, lo sai che non mi piace parlarne: anche se ora so che non è Dio a giocare a dadi ma la nostra mente, il pensiero di aver passato gli ultimi anni della vita a inseguire un’errore che non c’era per pura e dannata cocciutaggine mi riempie di rabbia…”
“Non è il tempo dei rimpianti questo, a dire il vero non è il tempo punto.” disse Jung sorridendo. “Ma proseguendo il ragionamento di Friedrich e ampliandolo, tu sai che il pensiero è costituito da impulsi elettrici tra neuroni. Ma elettricità = luce. Quindi non commetteremmo alcun errore logico dicendo che i pensieri possono viaggiare alla velocità della luce.”
“Direi di no” disse Einstein pensieroso
“Quindi i pensieri sono eterni!” proruppe Isobel concentrata su dove andava a parare il discorso.
“Questa è una deduzione corretta Miss Isobel” disse Nietzsche sorridendo. Leggendo i suoi libri Isobel non aveva mai immaginato che un uomo simile potesse sorridere. “Ma se i pensieri sono eterni e non esiste pensiero senza pensatore se ne deve dedurre che anche il pensatore sia eterno…”
“….A meno che…. “ interruppe Jung “….non si immagini che esista un luogo dove risiedono pensieri, sensazioni comuni a tutti gli esseri pensanti e che da essi noi si attinga per elaborare un pensiero che in realtà già è nel nostro inconscio collettivo.”
“Aspettate un attimo, non correte troppo” lo interruppe Einstein ”La luce è eterna nel vuoto, perché solo in esso non subisce fenomeni di rifrazione che ne rallentano la velocità. E faccio fatica pensare a un cervello vuoto pensante…”
“Forse è per questo che i grandi mistici parlano di fare il vuoto nella mente, di svuotare i pensieri, per avere l’illuminazione, per accedere all’eterno, affinché l’attimo di luce interiore renda eterno quel pensiero e quell’attimo.” chiosò Nietzsche con aria soddisfatta.
“Ma non puoi svuotare la mente dai neuroni”continuò Einstein un po’ indispettito.
“No.” intervenne Jung ”Ma così come nello spazio vuoto la luce è eterna, così nel vuoto della mente l’Illuminazione ci conduce all’Infinito. Svuotarsi per fare spazio all’Eterno, all’Infinito, per attendere quel lampo di luce che ci comunichi la nostra pienezza, la nostra comunione con l’Eterno. Come in cielo così in terra, come fuori così è dentro, come nel piccolo così nel grande. Questa è la saggezza, la tradizione di millenni che si conforma alla scienza del presente.”
“Un attimo” interruppe Einstein “Trovo alcune contraddizioni. Non si può appellarsi alla teoria della relatività per reclamare l’eternità e l’inesistenza del tempo. Non lo si può fare perchè essa prevede che lo spazio-tempo sia una dimensione unica e se il tempo rallenta fino a fermarsi lo spazio deve tendere a zero fino a diventare inesistente, ossia neanche lo spazio deve esistere così come noi lo concepiamo”
“Trovo assolutamente corretto ciò che dici” disse Nietzsche ”Si parla di tempo ma non si considera mai il suo fratello gemello, la sua ombra, il suo inseparabile compagno: lo spazio. Io non sono in grado di confutare lo spazio, sono un filosofo pazzo del 1800, abbraccio cavalli, non sono in grado di elevarmi alla scienza del ventesimo secolo però… però vi è una cosa che mi ossessiona fin da piccolo.”
“E cioè?” chiese Einstein incuriosito.
“Mi ossessiona questa idea: pensa all’uomo più veloce del mondo: supponiamo che egli corra i 100 metri in 9 secondi e 800 millesimi di secondo. Si può presumere che tra mesi, anni, decenni egli stesso o un altro al suo posto possa correre la stessa distanza in 9 secondi e 799 millesimi…”
“Lo reputo possibile” ammise Einstein.
“E un giorno arriverà chi correrà in 9 secondi e 798 millesimi” continuò Nietzsche.
“Possibile…” Einstein ebbe sentore di dove andava a parare il ragionamento di Friedrich.
“Immagina questa progressione negli anni, nei decenni, nei secoli: reputi strano che un uomo possa migliorare di un millesimo di secondo chi lo ha preceduto?”
“No, ma deve esistere un limite altrimenti...” affermò Einstein perentorio.
“Altrimenti dovresti giungere all’assurdo che vi sarà un uomo che correrà i 100 metri in 0 secondi” chiosò Nietzsche “Ma qual è questo limite? Esiste davvero? Se fosse 9 secondi e 800 millesimi, reputi del tutto improbabile che un uomo nel futuro non trovi in se quella scintilla, quel refolo di vento, quella stilla di energia per affrontare quella distanza guadagnando un millesimo di secondo? E se è così non può essere così un numero infinito di volte, ogni volta superando di un’iniezia il limite fisico e temporale precedentemente costituito?”
“Non è possibile, vi deve essere un limite fisico.” obiettò Einstein.
“Questo perché si presuppone che lo spazio esista e con esso il tempo: ma questo ragionamento (e mi devi dimostrare dove esso è debole) consente sempre la possibilità e la probabilità (anzi direi la certezza) che ogni limite in realtà sia fatto per essere superato, che esista sempre e per sempre quel refolo di vento, quella scintilla di energia che faccia guadagnare quel millesimo di secondo sul precedente tempo. Che cos’è in realtà un millesimo di secondo? Neanche un battito di ciglia. Le distanze e lo spazio sono fatte per essere colmate, per essere superate.”
“Ma vi deve essere un limite fisico! Le mie gambe devono avere un limite oltre il quale è impossibile che abbiano forza sufficiente. E’ fuori di ogni logica pensare che io possa percorre 100 metri in zero secondi” Einstein era spazientito.
“…..forse appunto perché quei 100 metri in realtà non esistono.“ si intromise Jung.
“Non diciamo sciocchezze per cortesia!” Einstein era nervoso.
“Calma Albert.” disse Jung ”Stiamo continuando una discussione senza considerare un dato fondamentale: il ruolo che nelle nostre percezioni dello spazio e del tempo ha la nostra mente. Credo che non si possa sottovalutare questo aspetto: è la nostra mente che ci comunica il passaggio del tempo, che ci mostra le distanze, che ci parla di spazio e di tempo; ma la nostra mente codifica, interpreta e deduce. E se le nostre deduzioni e interpretazioni fossero errate e fuorvianti come la visione del sole che tramonta quando in realtà sappiamo che siamo noi che tramontiamo ad esso?”
Improvvisamente un fulmine attraversò il cielo seguito da un rombo che sembrò fare tremare i rami dell’albero. Quasi simultaneamente una pioggia fittissima si abbattè sulla radura.
“Ora dobbiamo andare” dissero all’unisono i tre uomini. Poi, parlottando tra loro si diedero appuntamento alla sera successiva e, con un rapido baciamano ad Isobel si diressero ognuno dalla parte da cui era venuto poco prima e scomparvero tra gli alberi. [….]

mercoledì 20 febbraio 2008

Il tempo del sogno e il suo signore

Dopo lunga (??) assenza (dovuta a pressanti impegni familiari) torno ad aggiungere parole a quelle già scritte.
Recentemente ho letto una cosa che mi ha profondamente colpito: durante il sonno la fase in cui avvengono i sogni ha una durata di pochi secondi. Sognando vi sarà capitato di vivere giornate, con eventi, dialoghi, viaggi, nascite, morti, tragedie, farse..... Ebbene tutti quegli eventi (talmente "reali" mentre sognati da spaventare, eccitare, far ridere, piangere) vengono sognati e quindi elaborati nel nostro cervello in pochi (pochissimi) secondi. Giornate, mesi, anni vite sognate corrispondono a pochi secondi del nostro sonno "reale".
Questo parrebbe dimostrare che esiste un luogo e un tempo diverso in cui la nostra coscienza assimila esperienze vivendo un tempo diverso da quello che abitualmente scandisce la nostra esistenza in tal modo avvalorando la tesi per cui la nostra coscienza, il nostro Sè per dirla con l e Upanisad può avere un tempo a se stante, indipendente dal tempo "oggettivo" scandto dagli orologi del mondo.
Ci riflettevo l'altra sera osservando i miei bambini giocare... Io non mi sento grande, non mi sento invecchiare, non mi sento papà.... Mi sento ancora bambino, vorrei giocare con le macchinine anch'io.... Io mi vedo grande, mi vedo invechiato, mi vedo il tempo che mi è scorso addosso ma questo riguarda SOLO il mio corpo, il mio essere esteriore, la mia apparenza.... dentro sono ancora quel bambino sulla soglia, dentro ho ancora voglia di nonno, di corse spensierate nei prati in campagna.... Dentro non sono diverso dai miei figli che giocano con le macchinine... Ho solo esperienza, ricordi, oggetti che mi parlano di un tempo che fu ma il mio essere è saldamente immobile e immutato......

Ora interrompo queste considerazioni che sono solo una scusa per parlare di una cosa importante. Vorrei parlavi di Sogno. Sogno (Morfeo) è il protagonista di un fumetto: si chiama Sandman. E' stato scritto da Neil Gaiman ed è tra le cose più belle che mi sia mai mai capitato di leggere. E' un viaggio avvincente nel mito, nella fantasia, che intreccia in modo magistrale miti del passato, avvenimenti recenti in una trama mai banale e che ti avvince dalla prima all'ultima pagina sorprendendoti, facendoti piangere, ridere, pensare....
Potrei raccontarvi per sommi capi la trama, ma in rete è pieno di siti che lo fanno e comunque vi rovinerei l'immenso piacere di procedere pagina per pagina in qesto affascinante viaggio e non voglio di certo farlo. Potrei parlarvi di Sogno, uno degli Eterni insieme ai suoi fratelli e sorelle Destino, Disperazione, Distruzione, Delirio, Desiderio e Morte, dei loro regni, delle loro funzioni, dei loro compiti. Potrei parlarvi di Orfeo, di Shakespeare, delle Eumenidi e di Calliope, dell'Inferno e di Asgard ma forse è più opportuno che vi parli di come entrare in questo mondo speciale.. Io posseggo tutto il fumetto nella edizione della Magic Press ormai rintracciabile solo usata a prezzi non modici. Recentemente la Planeta De Agostini a incominciato a ristampare il fumetto con uscite mensili. Sono arivati alla quarta. Vi consiglio di recuperare i 4 numeri pregressi e aspettare i seguenti: ne vale davvero la pena.